Limiti Pignoramento Stipendio

Limiti Pignoramento Stipendio: Casi Particolari in cui Cambia il Limite di Legge

Lo stipendio corrisponde a quella somma di denaro solitamente corrisposta ad un lavoratore dipendente per la sua prestazione d’opera. Così come la pensione, per la legge si tratta di un titolo di credito che può essere soggetto al pignoramento cosiddetto “presso terzi”.

Diversamente dalla pensione, però, la Legge non tutela lo stipendio con una vera e propria soglia che i creditori non possono aggredire, perché chi lavora, al contrario di chi ha smesso da tempo e cerca di godersi la pensione, è un soggetto meno debole a livello legislativo e quindi con minore tutela rispetto a quanto accade per i pensionati. Per questi, infatti, esiste il cosiddetto minimo vitale, quella somma di denaro che i creditori, siano essi privati ovvero pubblici, non possono richiedere a pagamento dei debiti.

Per quanto riguarda le precise disposizioni di legge, il limite pignorabile sia dello stipendio, sia della pensione, corrisponde a un quinto dell’importo mensile netto. Un potenziale creditore che vanti una somma di denaro nei confronti di un lavoratore o di un pensionato, può richiedere al massimo 1/5: in caso lo stipendio ovvero la pensione corrisponda a 1.000€ netti, per esempio, l’importo pignorabile mensilmente è pari a 200€.

L’istanza di esecuzione del pignoramento presso terzi non solo ha un impatto economico, ma anche sociale e lavorativo perché coinvolge, nolente o volente, il datore di lavoro: questi, responsabile dell’elaborazione dei documenti mensili di pagamento, ossia le buste paga ai suoi dipendenti, deve trattenere e versare mensilmente questa somma all’ente o alla persona creditrice. TFR compreso, nel caso il lavoratore richieda o maturi il diritto a riceverlo.

 

Limite di Legge

Un creditore, quindi, non potrà richiedere più di un quinto dallo stipendio mensile netto (depurato delle tasse versate come sostituto d’imposta, dei contributi, di eventuali crediti, degli assegni familiari, etc.) di un lavoratore, come imposto dal limite di legge.

A titolo esemplificativo, se un lavoratore dipendente è soggetto ad un pignoramento della pensione e percepisce 1.200€ al mese, gli saranno decurtati 240€ al mese per ristorare quel creditore che ha avviato la richiesta ed avuto ragione in un contenzioso, o comunque detiene un diritto di credito consolidato da esigere.

Secondo quanto previsto dal codice civile, inoltre, l’articolo 545 norma la diversa possibilità in capo al tempo nel quale si agisce per l’escussione del credito nel momento in cui questa diventa esecutiva:

(…) le somme dovute a titolo di stipendio o salario che sono state già accreditate sul conto bancario o postale del debitore prima del pignoramento, possono essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale.

Nel caso, invece, l’atto di pignoramento arrivi prima dell’accredito dello stipendio mensile, allorra il limite massimo rimane quello di 1/5.

 

Casi Particolari

A differenza del pensionato che ha una tutela sulla soglia minima, inattaccabile da parte dei creditori, il lavoratore dipendente non ce l’ha e può essere oggetto di diverse azioni di pignoramento dello stipendio.

Occorre, in questo caso, differenziare i casi specifici tra:

  • Stesso creditore (persona fisica o giuridica, quindi una società) e più crediti vantati.
  • Diversi creditori e crediti vantati.

Se il caso specifico è il primo, allora il limite di un quinto rimane valido perché, nonostante diversi debiti di differente natura, il soggetto in capo a questi, ovvero il creditore, è lo stesso.

Nel secondo caso, invece, i creditori concorrono tra di loro per recuperare il credito pignorando lo stipendio al lavoratore per una quota che può arrivare al massimo alla metà. In ogni caso molto più alta del quinto.

Un caso tipico è quello di uno stipendiato che abbia problemi con il fisco italiano e con differenti soggetti privati, ad esempio per spese non corrisposte e debiti non sanati. Non essendoci una soglia minima appurata dal legislatore, se un lavoratore è soggetto a tutti questi debiti e guadagna 1.000€ netti al mese, può essergli pignorata una cifra mensile fino a 500€.

Dopo aver descritto i casi particolari, parliamo delle modalità differenti con cui possiamo vedere pignorato lo stipendio: ad ogni modus corrispondono comportamenti ed interazioni diverse.

Il Pignoramento presso Datore di Lavoro

Il primo metodo di pignoramento riguarda quello fatto presso il datore di lavoro. Le fasi dell’iter corretto sono:

  • Notifica dell’atto esecutivo di pignoramento al datore di lavoro da parte del creditore.
  • Il datore di lavoro conferma o meno (obbligatoriamente per legge) se il soggetto sia un suo dipendente, ovvero sia a credito perché presta servizio.
  • Le parti sono convocate dal giudice civile che, dopo aver valutato la consistenza di crediti e debiti, emana un decreto con il quale autorizza o meno la procedura esecutiva di pignoramento dello stipendio.

Da quell’atto, il datore di lavoro tratterrà un quinto dal corrispettivo mensile del lavoratore oggetto di decreto e lo girerà a favore del creditore fin quando il debito non sarà estinto ovvero il rapporto di lavoro si concluderà (ricordando poi che anche il Trattamento di Fine Rapporto entra nel computo delle somme pignorabili).

All’interno della busta paga mensile, insieme alle altre voci e variabili, il dipendente troverà una chiara voce con la dicitura “Trattenuta Mensile al Lavoratore da Destinare al Creditore“.

 

Il Pignoramento presso Banca o Posta (C7C)

Un po’ diversa è la procedura di pignoramento di un debito esigibile rivolgendosi direttamente agli istituti finanziari, quali, ad esempio, una banca o la posta, quindi un ufficio postale.

In questo caso si parla di pignoramento sul conto corrente (C/C) sia esso bancario ovvero postale. Non è coinvolto direttamente il datore di lavoro, quindi c’è un minor prezzo psicologico e sociale, ma la trattenuta viene richiesta all’organizzazione che tratta e gestisce il nostro stipendio mensile, la banca o la posta dove abbiamo il conto sul quale viene accreditato.

L’iter procedurale per richiedere il pignoramento dello stipendio accreditato su un conto corrente bancario o postale, segue più o meno lo stesso percorso già visto, compresa la comparizione di tutte le parti davanti al giudice che emana il decreto autorizzativo al pignoramento.

Ciò che cambia e si differenzia è l’azione esecutiva nei casi che abbiamo già visto: ossia se la notifica del decreto arrivi prima dell’accredito dello stipendio sul conto oppure dopo che questo è già stato versato.

Nel primo caso, ovvero se l’accredito deve ancora avvenire ed abbiamo già la richiesta notificata, allora rimane il limite massimo pignorabile da parte di un singolo creditore, pari a un quinto.

Nel secondo caso, invece, il limite massimo pignorabile è sempre tre volte l’importo dell’assegno sociale. L’assegno sociale per il 2019 (ogni anno cambia e viene aggiornato) è pari a 458 moltiplicato dunque per 13 mensilità.

Prendendo questi numeri e mostrando un esempio al lettore, se avessimo già lo stipendio accreditato sul conto corrente e venisse notificato il decreto di pignoramento all’istituto bancario, la somma massima pignorabile è pari a 1.374€ (458×3). Se sul conto corrente abbiamo 10.000€, allora il creditore che agisce in questo modo, potrà pignorarne ben 1.374€ lasciandone 8.626€. Se abbiamo solamente 1.374€, allora il creditore ci prosciugherà il conto, come previsto dalla legge in questi casi. Senza alcuna tutela.