Qualcuno se ne ricorderà sicuramente. Le compagnie telefoniche, di concerto, attuarono una fatturazione a 28 giorni, facendo pagare ai loro abbonati importi “mensili” differenti dai reali mesi previsti secondo il calendario Gregoriano cui i comuni mortali si riferiscono.
Le bollette telefoniche addebitavano lo stesso importo, ma 13 volte l’anno e non 12 come stipulato dagli accordi: una vera e propria forzatura che consentì alle aziende operanti sul mercato di guadagnare tantissimo, in modo indebito, da ciò che è emerso poi successivamente.
Le associazioni dei consumatori, infatti, si coalizzarono a seguito dei numerosi reclami e inflissero un duro colpo alle aziende che avevano redatto queste fatture piuttosto “bizzarre”. Nonostante la vittoria, ai consumatori devono ancora giungere i famosi rimborsi e ciò che sta accadendo in questi giorni è un monito a chi ha il diritto di ottenere indietro il maltolto.
Occhio alle penna, dunque! Se avete diritto al rimborso, non accettate nulla fino al 4 luglio, come avvisa la stessa Adiconsum. Le aziende, infatti, stanno contattando via via tutti coloro a cui dovrebbero liquidare economicamente un importo, proponendo servizi aggiuntivi in cambio del diritto ai soldi. Un vero e proprio ultimo tentativo nell’attesa che si pronunci il Consiglio di Stato proprio il 4 luglio.
Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo, ha denunciato le pratiche messe in atto da alcuni operatori, i quali non comunicano in modo trasparente e chiaro agli utenti richiamati se la scelta di aderire o meno a tali offerte pregiudichi il diritto al rimborso del dovuto. Non precisare questo trade-offè assolutamente ledere il diritto di ogni consumatore.
Il 4 luglio il Consiglio di Stato è tenuto a confermare se le compagnie telefoniche dovranno automaticamente rimborsare i consumatori ed Adiconsum consiglia a tutti di aspettare la sentenza, anche perché le alternative proposte non scadono a breve termine. Le offerte degli operatori non sarebbero chiare e occorre pazienza per non ricevere meno rispetto a quanto spettante. L’utente potrà poi scegliere qualsiasi opzione gli offra l’operatore, considerato però che questo comporterà la tassativa rinuncia al diritto di rimborso per i giorni impropriamente pagati in più negli anni passati e fatturati.
La Dottoressa Busi ha anche richiamato all’ordine alcuni operatori e avvisato alcuni utenti: molti stanno comunicando ai propri clienti la necessità di presentare un’istanza per chiedere la somma dovuta a titolo di rimborso, ma ciò non è affatto vero. Questa pratica commerciale è probabilmente figlia di un manomissione psicologica che gli addetti cercano di fare nei confronti dei consumatori, paventandogli difficoltà burocratiche e perdite di tempo per ottenere il denaro spettante: in questo modo cercherebbero di ottenere adesione ad offerte e opzioni parallele, risparmiando sull’esborso.
L’irregolarità sulla fatturazione a 28 giorni è stata accertata dall’Agcom che ha provveduto a sanzionare le compagnie che hanno praticato questa dinamica contabile: Agcom, contestualmente, ha deliberato che i rimborsi dovessero essere automatici, senza bisogno di richiesta o qualsiasi altra azione da parte di chi ne ha il diritto.
Le aziende stanno cercando di confondere i consumatori, risparmiando la liquidazione monetaria appannaggio dei singoli utenti, nell’ordine tra i 30€ e i 50€ in base alle condizioni contrattuali.